Costi, dispersione, efficienza i falsi miti dell’acqua privata

Costi, dispersione, efficienza i falsi miti dell'acqua privata

Le valvole di un acquedotto MITO numero uno: gli acquedotti “pubblici” sono dei colabrodo. “Falso: secondo i dati di Mediobanca, il peggiore, se consideriamo la dispersione idrica (litri immessi in rete e non fatturati/abitanti/lunghezza della rete gestita), è quello di Roma, dove l’acquedotto è affidato ad Acea, una spa quotata in borsa i cui principali azionisti sono il Comune di Roma, Francesco Gaetano Caltagirone e Suez”. In vista del referendum del 12 e 13 giugno, Altraeconomia ha pubblicato un dossier “speciale” 1. Lo scopo? Sfatare punto per punto tutte le false credenze nate intorno alla privatizzazione del servizio idrico italiano. A partire dai costi. Secondo il Conviri (Commissione nazionale di vigilanza sulle risorse idriche), per i prossimi 30 anni servono circa 64 miliardi di euro per la manutenzione e l’ammodernamento delle reti idriche di casa nostra. Due miliardi l’anno, una cifra standard necessaria in ogni caso, a prescindere dall’esito del referendum. Di questi, il 49,7% è diretto al comparto acquedottistico (per nuove reti,  impianti e per manutenzione) mentre il 48,3% alle fognature e alla depurazione. A metterci i quattrini dovrebbero essere lo Stato, le Regioni e i Comuni d’Italia dato che quelli – spiega Pietro Raitano, direttore del mensile Altreconomia e curatore del dossier Speciale Referendum – sono “soldi delle nostre tasse, gli stessi che vengono usati anche per riparare le strade, per costruire il ponte sullo Stretto o per la Difesa”.

Repubblica

Print Friendly, PDF & Email