Altiero Spinelli, Ulisse nel mare dell’Europa

Altiero Spinelli

 

Il tempo che ci separa dalla scomparsa di Altiero Spinelli non ha sbiadito l’eredità del pensiero, la vitalità di un lungo viaggio nel Novecento. La sua figura rimane legata a un’idea di Europa proposta e perseguita con tenacia, ma spesso ridimensionata dalle repliche di una politica impietosa. Non convince una semplificazione – a tratti egemone – che fa di Spinelli il protagonista coraggioso di un sogno spezzato, di un’utopia che tende a sfumare confondendosi con le belle speranze o le buone intenzioni. Il segno del suo cammino è più profondo e vitale di quanto appaia dagli sguardi di superficie. Cosa rimane del suo ragionare sui destini e i compiti del Vecchio Continente? E soprattutto quale il nesso tra il percorso biografico e la cultura europea che si manifesta in momenti diversi senza smarrire un disegno di riferimento?

Il posto di rilievo tra i padri dell’Europa nasce dentro l’età della catastrofe nel vivo delle indelebili conseguenze delle due guerre mondiali, frutto maturo e contraddittorio della modernità europea. Spinelli è un antifascista della prima ora: arrestato e condannato dal tribunale speciale nel 1927, sconta dieci anni di prigionia e sei di confino. Nel 1941 elabora – con Ernesto Rossi – il Manifesto di Ventotene auspicando la nascita di un’Europa unita sotto la spinta dell’integrazione politica in senso federalista. Il cuore della proposta è la convinzione che l’Europa non rappresenti solo uno spazio geografico o un campo di forze al quale riferirsi. Il suo cammino mette in primo piano una tensione continua, una ricerca senza mete predefinite per una costruzione europea che si manifesti innanzitutto come reazione e contrapposizione agli orrori dei conflitti e al peso crescente dei nazionalismi. L’Europa figlia della guerra nella sfida possibile di un nuovo ordine internazionale.

UMBERTO GENTILONI

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