Una traccia moderna smaschera il papiro

Concentriamoci sul passaggio-chiave del proemio del falso Artemidoro: «Non è da poco combattere al fianco di questa scienza. Infatti io sono pronto a porla sullo stesso piano della più divina filosofia. Se infatti tace, la geografia parla con i suoi dogmi. E perché non sarebbe possibile? Tante e tali armi di ogni tipo, mescolate tra loro, si porta addosso e a portata di mano, in vista della fatica della scienza, divenuta faticata ». Analizziamo questo brano e cerchiamo di capirne la logica: 1) «Sono pronto ad affermare che la geografia è sullo stesso piano della più divina filosofia; 2) è ben vero che la geografia tace, però essa parla attraverso i suoi dogmi; 3) essa può farlo perché porta su di sé una così grande quantità di armi mescolate (memeigmena hopla) in vista della fatica (i.e. «faticosa lotta della scienza), divenuta faticata etc.».

Luciano Canfora, «La meravigliosa storia del falso Artemidoro », Sellerio
Luciano Canfora, «La meravigliosa storia del falso Artemidoro », Sellerio

Prima di procedere è d’obbligo un duplice chiarimento: sull’espressione «armi mescolate» e sulla «filosofia più divina». In realtà le armi dei combattenti antichi non sono affatto «mescolate », e tanto meno mescolate addosso al singolo combattente. Nell’esperienza antica addirittura i corpi militari si caratterizzano proprio per un determinato tipo di arma che li connota. Quel groviglio di connotazioni è espressione per nulla corrispondente alla realtà militare degli antichi: non si può dire che l’oplita «mescoli» la lancia con lo scudo: come potrebbe? O il guerriero macedone lo scudo con la sarissa che lo Stato gli fornisce. E come potrebbe un centurione «mescolare » la lancia con la daga? Solo un ignaro può pensare che un autore antico potesse parlare di guerrieri recanti addosso armi di grandi proporzioni, numerose e «mescolate». Bisogna dunque rassegnarsi: il testo dice esattamente ciò che dice, e non può essere zittito, addolcito, mutilato. Il fatto è che chi scrive quei tre righi parrebbe avere in mente tutt’altro modello di combattente; per esempio il modello «cleftico», cioè del guerrigliero greco impegnato nella lotta di liberazione (XVIII-XIX sec.) contro il dominio turco.

Luciano Canfora

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