Martha NUSSBAUM

Barack Obama, benché convinto che i soldi spesi in istruzione siano soldi risparmiati in polizia e assistenza sociale, ha intessuto recentemente l’ elogio dei paesi orientali: «Stanno investendo meno tempo a insegnare cose che non servono, e più tempo a insegnare cose che servono. Stanno preparando i loro studenti non al liceo o all’ università, ma alla carriera. Noi no». Dove evidentemente la preparazione sembra essere propedeutica alla carriera e al profitto, non all’ umanità. Lo fa notare Martha Nussbaum nel suo ultimo libro, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, in uscita dal Mulino, con una prefazione di Tullio De Mauro (pagg. 168, euro 14). Si tratta dell’ approdo di un percorso ormai trentennale, i cui apporti fondamentali sono la formazione di classicista (la Nussbaum ha esordito come studiosa di filosofia greca, prima di estendere i propri interessi a tematiche di filosofia morale, di politica e di cultura); il rilancio del progetto pedagogico di John Dewey, che scriveva all’ epoca in cui gli Stati Uniti erano in ascesa invece che in declino, e progettava una democrazia colta e inclusiva; e la collaborazione con l’ economista e filosofo indiano Amartya Sen. In un recente scambio epistolare che abbiamo avuto a proposito di Non per profitto la Nussbaum ha sottolineato che il suo progetto comporta tre esigenze fondamentali. «La prima è l’ attività socratica del promuovere la capacità di ogni persona di auto-esaminarsi e auto-chiarirsi, favorendo una cultura pubblica deliberativa più riflessiva, in cui si sia meno influenzati di quanto lo siamo ora dagli altri, dall’ autorità e dalla moda. La seconda è la capacità di pensare come “cittadini del mondo”, con una conoscenza adeguata della storia del mondo, dell’ economia globale, e delle principali religioni mondiali.

MAURIZIO FERRARIS

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