La menzogna del potere

La menzogna del potere

Il potere mente. Per abitudine alla manipolazione e per istinto di conservazione. Non c’è bisogno di aver letto la prima Hannah Arendt, o l’ultimo Don De Lillo, per sapere che “lo Stato deve mentire”, o che il governo tecnicamente totalitario “fabbrica la verità attraverso la menzogna sistematica”. Ma nessun potente mente con la frequenza e l’impudenza di Silvio Berlusconi. Non pago di aver danneggiato il Paese che governa, in un drammatico e surreale “colloquio” elemosinato a Obama a margine di un vertice tra gli Otto Grandi del pianeta, il presidente del Consiglio torna sul luogo del delitto. E, dopo aver inopinatamente e irresponsabilmente denunciato al presidente americano la “dittatura dei giudici di sinistra”, lo “perfeziona”, raccontando la stessa delirante bugia agli altri leader del G8.

Abbiamo già detto quale enorme discredito rappresentino, in termini di immagine internazionale, le parole scagliate contro l’Italia dall’uomo che dovrebbe rappresentarla al meglio nel mondo. Abbiamo già detto quali enormi “costi” imponga allo Stato, in termini di credibilità istituzionale, questo vilipendio della democrazia e dei suoi organismi. Ma è necessario, ancora una volta, squarciare la cortina fumogena con la quale il premier manomette i fatti, e denunciare l’ennesima menzogna sulla quale costruisce il teorema della “persecuzione giudiziaria”. A Deauville, in una conferenza stampa costruita come una disperata requisitoria contro tutto e contro tutti, Berlusconi

compie l’ultima metamorfosi: da comune inquisito si trasforma in Grande Inquisitore. Accusa le “toghe rosse”, insulta “Repubblica” e i giornalisti, “colpevoli” di non indignarsi di fronte allo “scandalo delle 24 accuse che mi riguardano, tutte cadute nel nulla”. “Vergognatevi”, tuona furente il presidente del Consiglio, calato nella tragica maschera dostoevskiana dei Fratelli Karamazov. Dovrebbe vergognarsi lui, per aver violentato ancora una volta la verità.

Repubblica

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