L’esordio di Carlo Repetti Il passaggio di padre in figlio d’una vita e tante patrie

Carlo Repetti
INSOLITA STORIA DI UNA VITA NORMALE
Einaudi
pp. 144, € 12,50

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ha gli aspetti d’una storia di famiglia dai risvolti autobiografici, tanto è partecipata, il breve romanzo d’esordio di Carlo Repetti, Insolita storia di una vita normale. E questa sensazione che avverti, soprattutto nella prima parte, trova puntualmente conferma sbirciando poi nella biografia dell’autore, direttore del Teatro Stabile di Genova, autore e traduttore di testi teatrali, scoprendo che il padre era nato in Cile, dove era emigrato il nonno, salvo poi tornare a Genova, per laurearsi in medicina. Dati che puntualmente corrispondono alla figura del «padre» del romanzo, il «vecchio di ottant’anni che parla a suo figlio, un uomo di quaranta». Ed è proprio dentro questa costante che Repetti gioca un racconto di Memoria: dove la parola chiave è proprio «parla». Si tratta infatti d’un romanzo all’insegna d’una oralità che scorre su due velocità, in un romanzo che con la consegna della memoria di una vita dal padre al figlio segna anche un passaggio di consegne nelle costruzioni d’una vita e d’una memoria e, insieme e gradualmente, un reciproco mutamento di ruoli. Romanzo d’una vita a mo’ di «memorie d’un ottuagenario» consegnate a un figlio per salti cronologici che scandiscono momenti chiave in cui storia personale e storia pubblica si incrociano: l’infanzia e l’adolescenza in Cile; il viaggio di ritorno in Italia; una esperienza conventuale, per una vocazione non tanto religiosa quanto al silenzio; gli anni della guerra; il secondo Novecento osservato con gli occhi di un medico; la fine. Salti e momenti in cui l’autore racchiude esperienze che hanno segnato la vita e la crescita del «vecchio». Salti consegnati anche a differenti modalità stilistiche nel gestire quella oralità. All’inizio a caratterizzare i ricordi cileni e del viaggio verso l’Italia è una oralità dai toni magici e incantati: soprattutto nel richiamare il paesaggio desolato e i personaggi (su tutti la balia Gregoria ed Evaristo) di un Cile rivissuto visivamente nel ricordo dai tratti favolosi propri dello sguardo d’un ragazzo di quattro anni e poi di undici; cifra ben gestita anche se scopre nella vita la presenza della morte (il fratello Beniamino).

 

Ermanno Paccagnini

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