Il Presidente Napolitano, che quando parla d’Europa usa veder lontano e ha sguardo profetico, ha fatto capire nel giorni scorsi quel che più le manca, oggi: il senso dell’emergenza, quando una crisi vasta s’abbatte su di essa non occasionalmente ma durevolmente; l’incapacità di cogliere queste occasioni per fare passi avanti nell’Unione anziché perdersi in “ritorsioni, dispetti, divisioni, separazioni”. Son settimane che ci si sta disperdendo così, attorno all’arrivo in Italia di immigrati dal Sud del Mediterraneo. Numericamente l’afflusso è ben minore di quello conosciuto dagli europei nelle guerre balcaniche, ma i tempi sono cambiati. Lo sconquasso economico li ha resi più fragili, impauriti, rancorosi verso le istituzioni comunitarie e le sue leggi. Durante il conflitto in Kosovo la Germania accolse oltre 500mila profughi, e nessuno accusò l’Europa o si sentì solo come si sente Roma. Nessuno disse, come Berlusconi sabato a Lampedusa: “Se non fosse possibile arrivare a una visione comune, meglio dividersi”.
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