Nelle librerie esce “Le calze rosa di Salaì” di Pietro C. Marani, tra i massimi esperti di Leonardo. Un romanzo giallo costruito su documenti, che svela l’intimità ambigua dell’artista, fa luce su un capolavoro perduto e restituisce le personalità dei due allievi prediletti
di LAURA LARCAN
Ma quanto può essere gustoso spiare nell’intimità di un grande artista, soprattutto se si tratta di un genio assoluto, ed allo stesso tempo enigmatico e controverso, come Leonardo da Vinci? Una sorta di voyeuristica soddisfazione ce la offre Pietro C. Marani, uno dei massimi esperti di Leonardo, professore di storia dell’arte moderna al Politecnico di Milano (dopo aver diretto la Soprintendenza di Milano, la Pinacoteca di Brera e restauro del Cenacolo), col suo primo romanzo “Le calze rosa di Salai'”, nelle librerie dall’11 maggio per Skira Editore. Romanzo sì, ma dove tutte le informazioni si basano in gran parte su documenti e sui più recenti ritrovamenti archivistici.
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Di qui la succosa ricostruzione di fatti e personaggi che ruotano intorno a Leonardo, dove per la prima volta si fa lucida e spiazzante chiarezza – ma senza malizia, per carità – sulla sessualità dell’artista-scienziato (questione di cui presupposto principale, come rivela lo stesso Marani, è lo scritto di Sigmund Freud “Ricordo d’infanzia di Leonardo” del 1910 e ripubblicato sempre da Skira lo scorso anno). Voce narrante della vicenda è quella di Francesco dè nobili Melzi, figlio del capitano della milizia milanese sotto re Luigi XII e Francesco I, quando la Lombardia era governata dai francesi, ma soprattutto devoto e diligente discepolo di Leonardo da cui aveva
ereditato il compito sommo di custodire e trascrivere i suoi scritti.