NEW YORK – Ecco la dichiarazione orale della Piattaforma italiana “30 anni CEDAW – Lavori in corsa”
Rapporto periodico del Governo italiano di Barbara Spinelli (Giuristi Democratici), Simona Lanzoni e Claudia Signoretti (Fondazione Pangea onlus)
Gentile Presidente,
Sono Simona Lanzoni e parlo a nome della Piattaforma italiana “30 anni CEDAW – Lavori in corsa”. Accanto
a me ci sono le colleghe Claudia Signoretti e Barbara Spinelli. Il Rapporto Ombra è stato redatto in collaborazione con 8 organizzazioni e abbiamo raccolto l’adesione di oltre 100 diverse realtà della società civile nonché molte adesioni individuali. Vorremmo portare alla vostra attenzione questi temi critici:
2) – Lavoro e welfare?
3) – Partecipazione politica delle donne
4) -? Diritti sessuali e riproduttivi
5) – Protezione delle donne dalla violenza maschile
6) – Tratta e prostituzione.
1) – L’implementazione della CEDAW e la promozione dei diritti delle donne
– Il Governo italiano non ha rispettato gli obblighi previsti dalla Convenzione: nessuna strategia è stata adottata per diffondere la Convenzione, il Protocollo Opzionale e le Osservazioni Conclusive. Il processo di consultazione con la società civile è stato poco chiaro in termini di finalità, tempistica e soggetti coinvolti. Non vi è stata alcuna discussione sulle Osservazioni Conclusive né in Parlamento né nelle Assemblee Legislative regionali e nelle amministrazioni locali. Non è stato fatto alcun progresso per l’istituzione di un organismo indipendente per la tutela e la promozione dei diritti delle donne. Il disegno di legge per l’istituzione di un organismo indipendente per i diritti umani risulta inadeguato rispetto ai criteri previsti dai Principi di Parigi e determina un notevole regresso rispetto al precedente disegno di legge, sul quale aveva già espresso parere tecnico l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.
– L’approccio del Governo basato sull’uguaglianza formale tra uomini e donne rende impossibile l’adozione di una strategia onnicomprensiva e di lungo termine di contrasto alle discriminazioni strutturali basate sul genere e l’orientamento sessuale. Gli atteggiamenti maschilisti sono ampiamente tollerati. I mass media e il dibattito politico li hanno rinforzati, date le frequenti allusioni sessuali, le espressioni stereotipate e la rappresentazione degradante del corpo e del ruolo delle donne nella società. Tale approccio si riflette nell’adozione di leggi e politiche che legittimano questi pregiudizi. Sebbene i discorsi e gli atti di violenza commessi per motivi razziali, etnici o religiosi costituiscano reato, il Parlamento nega il riconoscimento della discriminazione di genere, bocciando ogni disegno di legge mirante ad eliminare la discriminazione basata sul genere e sull’orientamento sessuale.
2) – Lavoro e welfare
– Il sistema di welfare sta peggiorando. Il federalismo e il taglio dei fondi discriminano le donne, soprattutto
in tema di conciliazione tra lavoro e famiglia e occupazione femminile (per esempio carenza di asili nidi
pubblici e servizi di assistenza, scuole a tempo pieno ecc.). Le donne hanno una maggior incidenza di lavoro sottopagato e non qualificato, di contratti part-time e precari e ricevono salari più bassi degli uomini, nonostante siano più istruite. Manca una protezione sociale per le lavoratrici precarie e questo ha un impatto significativo sul calcolo delle pensioni. Le donne sono scoraggiate nella ricerca e nel mantenimento del lavoro a causa del crescente sovraccarico del lavoro di cura in casa. Ciò implica una femminilizzazione della povertà.
Inoltre, a livello municipale, i sindaci hanno spesso utilizzato il potere di ordinanza per escludere le famiglie
migranti dai benefici assistenziali e dall’accesso ai servizi.
– Partecipazione politica delle donne. Nonostante la riforma dell’art.51 della Costituzione, non è stata adottata alcuna misura per incrementare ilnumero delle donne in politica, ai sensi della raccomandazione del Comitato CEDAW. A causa della diversità tra le leggi regionali, non è garantito ovunque alle donne un pari accesso alle cariche politiche. In Parlamento c’è una tacita coalizione tra maschi di maggioranza e di opposizione che ostacola
l’approvazione di leggi per l’introduzione di misure temporanee speciali.
– Violazione dei diritti sessuali e riproduttivi. A livello nazionale e regionale sono state adottate politiche conservatrici, che mirano a promuovere i valori tradizionali e la protezione della vita dall’embrione. Il diritto all’autodeterminazione della donna nella sfera sessuale e riproduttiva è sistematicamente violato.
– La promozione di politiche pro-vita ha ridotto o reso impossibile l’accesso alla salute sessuale e riproduttiva sebbene previsto dalla legge.
– Circa il 60% dei ginecologi negli ospedali pubblici è obiettore di coscienza, in Basilicata il 92,6% dei dottori si rifiuta di praticare aborti. Il Governo non ha preso alcuna misura per garantire l’accesso all’aborto ad ogni donna, nonostante sia garantito dalla legge.
– Le linee-guida del Ministero della Salute restringono l’accesso alla contraccezione di emergenza e
all’aborto medico.
– Infine, la legge sulla procreazione assistita vieta esplicitamente la diagnosi pre-impianto e il congelamento degli embrioni e consente solo l’impianto simultaneo di tre embrioni. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima questa previsione, poiché comporta un’eccessiva tutela per l’embrione a scapito del diritto alla salute della donna.
– Esprimiamo inoltre la nostra preoccupazione poiché il federalismo nel sistema sanitario ha comportato differenze nei livelli di accesso ai servizi da regione a regione.
– Protezione delle donne dalla violenza maschile. La concezione tradizionale della famiglia discrimina le donne nell’ambito della separazione e del divorzio perché la violenza da parte dell’ex-partner non è considerata una causa che esclude l’affido condiviso.
– La proposta di legge, attualmente in discussione, obbligherebbe la donna che ha subito violenza a sedersi a un tavolo con il proprio aggressore e contrattare con lui le condizioni dell’affido, rendendo obbligatoria la mediazione familiare.
– Ci sono poche case rifugio e inoltre molte sono a rischio chiusura perché non godono di finanziamenti pubblici stabili.
– La mancanza di armonizzazione tra le misure di protezione civile e penale rende difficile per le donne ottenere un’adeguata protezione dalla violenza domestica.
– Le donne migranti senza documenti non denunciano gli episodi di violenza perché temono l’espulsione.
3) Tratta e prostituzione
– Sebbene la legislazione nazionale garantisca alle donne vittime di tratta il permesso di soggiorno e la protezione sociale, un emendamento del 2009 alla stessa legge ora riduce questa possibilità alle donne vittime di tratta presenti irregolarmente sul territorio italiano.
– Il disegno di legge (n.1079) renderebbe illegale la prostituzione su strada e costringerebbe le donne ad esercitarla al chiuso, rendendole così più vulnerabili alla tratta.
– Il disegno di legge è fortemente criticato dal “Comitato per i diritti civili delle prostitute”, dalle organizzazioni che lavorano contro la tratta e dalla magistratura, dal momento che la norma non riconosce il diritto all’autodeterminazione nella sfera sessuale delle prostitute, attualmente garantito dalla legge.
(13 luglio 2011) © Riproduzione riservata