Chi ha sparato, chi diede l’ordine La vera storia di Malcolm X

Chi ha sparato, chi diede l'ordine La vera storia di Malcolm X

Malcolm X L’AMERICA ha dovuto aspettare un presidente nero che sa parlare all’Islam, cresciuto da bambino all’ombra dei minareti di Jakarta, poi star di Harvard, depurato di ogni “accento nero” linguistico e ideologico, lo statista che osa pensare una società pacificata e post-razziale. Solo nell’èra di Barack Obama diventa possibile riaprire un grande tabù, una pagina di storia lacerante. È la vicenda di Malcolm X. Oggi avrebbe 86 anni e morì che ne aveva 39, centrato dagli spari mentre arringava la folla nella Audubon Ballroom di Harlem. Quel 21 febbraio del 1965, nel giorno di una morte violenta che lui stesso aveva prevista e annunciata, Malcolm X si portò nella tomba tanti segreti: a cominciare dall’identità dei suoi assassini e dei mandanti.

Per più di quarant’anni un grande intellettuale nero, lo storico Manning Marable, ha lavorato per venire a capo del mistero. Marable, fondatore del dipartimento di studi afroamericani alla Columbia University, è morto due mesi fa. Uscita postuma, la sua opera monumentale Malcolm X: a Life of Reinvention, aiuta a capire i perché di tante reticenze e omertà. Un altro storico, Stephen Howe, ricorda cosa fece di Malcolm X l’eroe di una generazione: “Straordinario oratore, divenne lo schermo sul quale milioni di neri proiettarono le loro speranze. Aveva molto degli improvvisatori di musica jazz, anticipò i futuri rapper. Incarnava il mito del fuorilegge vendicatore, in una società di neri senza diritti”. Artista della reinvenzione

di se stesso, Marable lo descrive come una costruzione di “maschere multiple”: da zotico di provincia a delinquente, da uomo di spettacolo a intellettuale autodidatta, esponente radicale del nazionalismo nero, predicatore religioso, musulmano ortodosso. Acerrimo rivale di Martin Luther King, poi sul punto di riconciliarsi con lui: firmando così la propria condanna a morte.

FEDERICO RAMPINI

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