Sui colli di Merano come Baudelaire
Lungo la Passeggiata Tappeiner, gli incontri reali o solo immaginati di un marciatore a occhi bassi
Camminare, camminare, camminare: è l’unica cosa che so fare. Non ho la macchina, non ho la patente, la bicicletta me l’hanno rubata. Odio la moto. Vado a piedi.
Merano (città dove vivo) avrà molti difetti, ma ci si cammina benissimo.
Andare al lavoro a piedi, a Merano, è una cosa bellissima. La mattina presto, sia inverno, sia primavera, sia estate come adesso (adesso che scrivo) è stupendo percorrere le vie e i viali di questa piccola città. Alcune, più che vie, sembrano sentieri nel bosco. Via Grabmayr, per esempio, la via che costeggia gli hotel dei ricchi con i loro parchi fastosi, è buia anche a mezzogiorno, perché s’inoltra in mezzo a fitti cedri, enormi sequoie, e i soliti pini e abeti.
Oppure le cosiddette Passeggiate Lungopassirio. Dette così perché si snodano lungo il tumultuoso torrente (Passirio o Passer) che attraversa e divide in due la città. Alle sei, anche alle sette (sette e mezzo) del mattino non si sente che il rombo dell’acqua. Poi il traffico e altri frastuoni prendono il sopravvento.
Cammino e basta. Non corro. Non utilizzo bacchette, bastoncelli, canne di bambù. Il passo è sostenuto dalla sua sola energia, senza supporti di nessun tipo. Ed è determinato, il passo, dall’umore. Prevalentemente furioso quindi, come se fossi in fuga da non so cosa. Aggiungo una banalità? L’aggiungo: in fuga da me stesso.
Ma a volte anche placido, beato, smemorato, come se fossi anch’io un turista. I turisti di solito camminano lentissimi, a gruppi di cinque, secondo lo schema che nella letteratura latina è detto a quinconce . In modo da ostruire il più possibile il passaggio altrui. Ogni tanto si fermano e scattano una foto. Anzi, a ben guardare, camminano pochissimo e scattano foto o riprendono di continuo. Vogliono incamerare il paesaggio prima che qualcuno glielo soffi via per sempre.
Il tempio dei camminanti, a Merano, è la Passeggiata Tappeiner, che sovrasta l’intera città, per circa quattro chilometri, sul colle chiamato San Benedetto. Esiste una tipologia ben precisa del camminanteTappeiner.
Ne elenco qualcuno,così alla buona, sommariamente. C’è il pensionato spompato, che procede con cautela, coi piedi di piombo, è il caso di dire. C’è l’obeso volenteroso che suda, si sfiata, stravolto dalla fatica e dal pensiero che gli servirà a poco: non dimagrirà. C’è la signora zelante (di solito di mezza età e in compagnia di altre signore zelanti, in tuta aderente). C’è il camminatore tecnologico, che a Roma sarebbe definito più semplicemente fanatico ( a fanaaticooo! ). Ci sono poi i possessori di cani. I quali camminano per far camminare il cane. A volte si vede benissimo che il cane non ha nessuna voglia di camminare. Queste innocenti bestiole hanno sguardi umanamente disperati. E sudano, con le fauci spalancate e la lingua fuori, come sudano i cani. Altre volte invece si vede che sono in realtà i cani che fanno camminare i padroni, trascinandoli impetuosamente. Poi ci sono i possessori di bambini. Cioè, generalmente, le madri con i piccini in carrozzella. Queste camminano così: una mano sulla carrozzella e nell’altra l’immancabile cellulare. E parlano, parlano, parlano, mentre camminano. Con chi parleranno con tanta dedizione? Probabilmente con gli amanti. Le madri hanno lenti scure. Sorridono sempre, mentre parlano al cellulare. Sembrano del tutto smemorate, più delle turiste. Come si trovassero in un altro mondo. A un eventuale emulo di Erode il lavoro riuscirebbe molto facilitato.
Un’altra categoria ben rappresentata di camminanti, sempre a Merano, sulla Passeggiata Tappeiner e non solo, è sicuramente quella dei pazzi. I pazzi camminano come pazzi. C’è quello che ha sempre con sé una borsa di plastica gialla. C’è quello che cammina così forte che pare correre e i lunghi, lerci capelli gli ondeggiano al vento, manco fosse Laura. C’è quello che si china a ogni passo a raccogliere tutto quel che trova, e se lo intasca guardandosi sospettoso intorno.
Ma non sono sicuro che queste figure reali o simboliche del camminare esistano davvero o non siano solo nella mia immaginazione. Perché io, in realtà, cammino sempre a occhi bassi. Come Baudelaire (di cui mi professo indegno discepolo!) ho orrore del viso dell’uomo.
Fonte: http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/417304/