Livio Garzanti, novant’anni il prossimo primo luglio. Lo incontriamo nella sua casa milanese, dove ci accoglie con battute e spirito da giovanotto. «Ma perché dovete occuparvi di me?», borbotta lasciandosi cadere su una comodissima poltrona. Una pausa e poi un’altra domanda che non ha bisogno di risposte: «Ma lei è così ingenuo da credere che ci siano ancora editori?». Infine, una sentenza che andrebbe meditata: «La crisi dell’Italia è una crisi culturale».