Non è la prima volta che il presidente del Consiglio si rifà a Benito Mussolini, dimostrando di ben conoscere i Diari del Duce con puntuali citazioni, e non è la prima volta che lamenta l’inconsistenza dei suoi poteri. Ma che faccia le due cose insieme costituisce un inedito vissuto da molti come un segnale inquietante. Il parallelo fra il Cavaliere e il dittatore del ventennio fascista è stato fatto spesso da tutte le parti politiche, pure con esiti e riflessioni anche molto distanti. Che significato, soprattutto storico, possa avere questo gesto del premier lo abbiamo chiesto al professor Luciano Canfora, storico e ordinario di filologia greca e latina all’Università di Bari.
Che lettura dà di un Berlusconi che si duole d’essere come Mussolini?
“Mi pare che la sua inclinazione a parlare di Mussolini sia di antica data. Nel senso che già dai primordi della sua ‘discesa in campo’ ebbe modo di dire che, in fondo, il fascismo aveva fatto una serie di cose buone. Almeno fino alla data limite del 1938. Questo lo faceva intorno al ‘94 per corteggiare Alleanza Nazionale, in particolare il suo segretario, perché allora Gianfranco Fini e il partito erano ancora legati alla tradizione del fascismo. Ma il Fini di oggi è un’altra persona rispetto a quella del ‘92 o del ’94.”
“Mi pare che la sua inclinazione a parlare di Mussolini sia di antica data. Nel senso che già dai primordi della sua ‘discesa in campo’ ebbe modo di dire che, in fondo, il fascismo aveva fatto una serie di cose buone. Almeno fino alla data limite del 1938. Questo lo faceva intorno al ‘94 per corteggiare Alleanza Nazionale, in particolare il suo segretario, perché allora Gianfranco Fini e il partito erano ancora legati alla tradizione del fascismo. Ma il Fini di oggi è un’altra persona rispetto a quella del ‘92 o del ’94.”
Quella del 1938 sarebbe la data limite entro la quale il fascismo può essere percepito come un’esperienza accettabile?