Guerra e potere tragedia eterna

In un mio articolo precedente dicevo quanto è difficile la posizione di chi non vuol partecipare alla sotterranea guerra civile oggi in atto nel nostro Paese e vorrebbe tenersi distante dagli opposti conformismi e dall’ipocrisia che spesso li sostiene, avendo in mente un’Italia coesa e diversa, che però è forse il sogno di una gran parte degli italiani quale che sia il loro schieramento. Ma quel che sta succedendo a causa della guerra in Libia e dei rivolgimenti in tutto il Nord Africa e nei Paesi arabi dimostra che è altrettanto difficile se non impossibile per le nazioni assumere una posizione non dico neutrale, come forse avrebbe preferito l’Italia, ma una che non sia improvvisata e dettata dallo stato di necessità, una necessità che la morale non può approvare, ma che è obbligata dai fatti ad accettare.

Questo mi ha fatto riaprire il tragico libro di Tucidide sulla Guerra del Peloponneso (a cura di Luciano Canfora), dove con dolorosa imparzialità si racconta come Atene, la patria di Pericle e dei più grandi geni dell’antichità, sia diventata nel giro di 27 anni – tanto è durata la guerra tra Atene e Sparta – da grande potenza, dominatrice incontrastata sulla terra e sul mare, a una piccola città sconfitta e ridotta alla fame. Uno degli episodi centrali della narrazione di Tucidide, quello dal quale meglio emerge il senso della necessità che fatalmente guida il succedersi degli eventi, è quello del contrasto tra Atene e i Meli.

Raffaele La Capria

 

Print Friendly, PDF & Email